Filosofo statunitense. Professore di Filosofia dal 1931 nell'università
di Chicago, dove nel 1925 aveva conseguito il dottorato di ricerca, è
considerato il caposcuola di quella corrente di pensiero americana in cui si
attua la fusione tra il pragmatismo e il logicismo (Neopositivismo) mediante il
behaviorismo (Comportamentismo). Egli muove da una interpretazione pragmatistica
della mente e dell'attività simbolica, che ha la sua espressione nel
linguaggio e che lo porta a fondere insieme il Neopositivismo e il Pragmatismo,
e a congiungere l'analisi del linguaggio con il comportamentismo, ossia con la
psicologia intesa come studio dei comportamenti osservabili. Pertanto, nella sua
concezione, l'analisi linguistica (semiotica) deve tener conto del rapporto
esistente tra il linguaggio e il soggetto che lo usa. Così come è
intesa da
M., la semiotica apre un campo più vasto della sintesi
logica e comprende in sé, oltre alla sintattica, anche la semantica e la
pragmatica. Egli perciò distingue i problemi del Neopositivismo nei tre
campi della
sintassi, della
semantica, della
pragmatica, e
polemizza contro la tendenza ad impostare il problema del linguaggio in termini
puramente formalistici. Della sua ricca produzione, ricordiamo:
Teorie della
mente (1932);
Pragmatismo e crisi della Democrazia (1934);
Lineamenti di una teoria dei segni (1938);
Segni, linguaggio e
comportamento (1946);
Le varie forme del valore umano (1956);
Significazione e significanza (1964);
Il movimento pragmatista nella
filosofia americana (1970) (Denver, Colorado 1901 - Gainesville, Florida
1979).